Glob011: Numero 1

Pubblicato il da Piemondo

glob011-2.jpgEditoriale: Grande sfida

Malessere a macchia d’olio. Ecco quello che si avverte in Italia: dalle sommosse degli universitari per la cosiddetta ‘riforma Gelmini’ (un massacrante piano di tagli all’istruzione pubblica a favore di quella privata e online); fino alla disoccupazione dilagante e alla sensazione di incertezza profusa che aleggia un pò in ogni settore.

Cosa sta accadendo all’Italia? Un’inversione di rotta che mira a far crescere un divario sempre più accentuato tra classi sociali. I politici che (non) governano tendono a dividere il Belpaese in ‘sempre più ricchi e sempre più poveri’. La prima

mossa per ridurre un popolo in povertà è proprio quello di iniziare a ledere la cultura: meno si è informati, meno si acquisiscono capacità critiche e meno ci si lamenta. Come si legge su uno striscione appeso in Corso Massimo a Torino: “Le teste vuote annuiscono meglio”. La prima povertà è quindi quella intellettuale che, provocando un effetto domino, impoverisce poi tutti gli altri settori. Per non parlare di un continuo svilire dell’essere umano che, senza la dignità data dalla cultura, diventa un oggetto alla mercé di un ottuso materialismo.

Vediamo nel dettaglio il mondo universitario. Vanno rivisti quei luoghi comuni secondo i quali la nostra università si piazzerebbe agli ultimi gradini della classifica dell’istruzione europea. Le classifiche esistono ma tante volte vengono usate per scopi non oggettivi. Secondo la ‘riforma’ il sistema universitario italiano avrebbe troppi professori ma è vero il contrario: per ogni docente ci sono in Italia 38 studenti, più del doppio della media Ocse. Per questo tutte le classifiche stilate finora, che ci vedono al 200° posto rispetto agli altri sistemi, dovrebbero tener conto di questo handicap. I dati

di una recente indagine, la più complessa finora prodotta, condotta dall’istituto Karolinska di Stoccolma vedono 15 università italiane fra le 300 più “alte” del mondo.

È avvilente pensare di valutare le università secondo il mero rendimento economico. L’Italia non è un’azienda. E la prima precarietà dei giovani è quella di non aver un ruolo sociale. I più disillusi (e sono tanti) sono già emigrati in altri paesi, nella speranza di un futuro ‘meritocratico’. Ma l’Italia ha bisogno dei suoi giovani. E non solo per riempire le classifiche…

 

Leggere il numero 1 in pdf: http://www.youblisher.com/p/99782-Glob011-Numero-2/

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